Gli adolescenti e l’isolamento

Di seguito pubblichiamo la trascrizione dell’intervista che Daniele Baron Toaldo ha rilasciato a Marianna Maiorino, giornalista dell’emittente il13, sul tema adolescenti e lockdown.

MM: Quali i problemi e i rischi principali dell’isolamento per gli adolescenti?
DBT:  Per rispondere a questa domanda bisogna partire dalla considerazione che ci sono alcuni bisogni specifici caratteristici della fase di sviluppo della pre-adolescenza e dell’adolescenza: si tratta di un periodo in cui l’individuo attraversa un processo di evoluzione fisica e cognitiva importante, che viene spesso definita di seconda identificazione, ovvero un periodo in cui molti parametri di riferimento riguardo se stessi gli altri e il mondo vengono messi attivamente in discussione: se prima i punti di riferimento erano prevalentemente interni al nucleo familiare, adesso ragazze e ragazzi cominciano ad orientarsi all’esterno, anche mettendo in discussione i valori acquisiti.
E visto che questo processo viene molto stimolato e potenziato dalle interazioni con i pari, anche attraverso il contatto fisico e la vicinanza, un isolamento prolungato rischia certamente di rallentarne il decorso generando, quindi, un piccolo stallo, una pausa evolutiva.

MM: Possono somatizzare in qualche modo le misure di contenimento del contagio?
DBT: La frustrazione, consapevole o meno, che deriva dall’isolamento prolungato può generare condizioni di irritabilità, quindi incidere sulla dimensione emotiva: scatti di rabbia, oppure momenti malinconici e di ansia sono facilmente osservabili. Non dimentichiamo, inoltre, che gli stati emotivi possono essere condizionati dai grandi stravolgimenti fisici, in particolare di tipo ormonale.
Se per somatizzare, inoltre, si intende l’emersione di sintomi riconducibili a quadri medici particolari, allora possiamo vedere disturbi di tipo gastrico, dermatologico o compromissioni nella sfera del sonno, per fare alcuni esempi.

MM: Li vediamo sempre immersi negli schermi dei propri cellulari anche se sono in compagnia. Parlano tramite whatsapp anche se sono uno di fronte all’altro, l’assenza del contatto per loro è così importante?
DBT: Più che assenza di contatto, la possiamo considerare una forma alternativa di contatto.
Per quanto si diceva sopra, in questo periodo la necessità del confronto con i pari è forte. Di fatto il lockdown, ha sì quasi azzerato la socialità reale, ma non ha certo interrotto, tutt’altro, la socialità virtuale. Il limite di quest’ultima, però, è che può compromettere la comunicazione, in particolare quella non verbale, che è si fatta di gestualità, ma anche di abbigliamento, posture e movenze nello spazio: tutte variabili importanti per l’evoluzione delle ragazze e dei ragazzi, che in gruppo non solo parlano, ma si muovono e si osservano reciprocamente, in un gioco imitativo e di rispecchiamenti reciproci, utili alla dinamica evolutiva della propria identità.
Il rischio, quindi, lo vedo più nella non sperimentazione di abilità sociali in ambito comunicativo e relazionale, con possibile conseguente aumento di ansie sociali.

MM: In un’età in cui i rapporti spesso sono più difficili con i genitori trovarsi obbligati nella stessa casa 24 h ore può essere stato molto difficile. Secondo questa situazione può essere un’opportunità per le relazione genitori e figli, e in che modo.
DBT: Può essere certamente un’opportunità, ma qui il condizionale è d’obbligo.
In questo periodo, ho visto tutto e il contrario di tutto, ma ciò che è evidente è che in condizioni critiche le famiglie che hanno delle difficoltà pregresse, più facilmente vacillano o crollano. Un edificio costruito con attenzione non crolla alle prime scosse.
Non è un caso che in questo periodo siano aumentate significativamente le segnalazioni di violenza domestica. Non serve una quarantena per generare condizioni di isolamento in famiglia, spesso è già nei fatti presente in tante famiglie: coniugi che si isolano tra loro ponendo muri, genitori che si isolano dai figli e viceversa, fratelli e sorelle che si isolano tra loro. Si può dire che spesso siamo già in reciproca quarantena. Se il pregresso è questo, è chiaro che stare di più assieme serve a poco, bisogna agire per superare le difficoltà di pensiero e di relazione che hanno condotto a questo. In questi casi, un aiuto esterno è molto utile.
Detto ciò, ci sono anche molti casi positivi in cui le risorse della famiglia sono state ben sfruttate per superare delle difficoltà e migliorare i rapporti.

MM: L’adolescenza è anche il tempo dei primi amori. E’ vero che il sesso ha perso importanza in questa fasce d’età e che invece il sexting possa sostituirlo tranquillamente?
DBT: Partiamo dalla considerazione che il sexting non l’hanno inventato gli adolescenti. Si tratta di un fenomeno assai diffuso nella società, che trova i suoi progenitori nelle lettere erotiche. Si potrebbe dire che il sexting esiste da quando è nata la scrittura, il disegno e la fotografia: le cosiddette cartoline francesi, con illustrazioni e fotografie, ne sono un esempio storico, oppure le lettere di Joyce all’amata Nora.
Si tratta di erotismo, di ricerca di piacere e complicità in assenza di rapporto fisico.
Oggi la cosa è esplosa, perché è esplosa la comunicazione, lo sappiamo tutti.
Per gli adolescenti, che vivono anche l’imbarazzo relazionale tipico della loro età (e non solo alla loro età, a dire il vero), è normale che ci si nasconda parzialmente dietro ad uno schermo: le paure del contatto affettivo-sessuale possono essere molte e grandi, e prima di avvicinarsi magari si fanno le prove coperti dal vello protettivo dell’etere. Quindi, diciamo che il sexting può essere preparatorio all’atto vero e proprio e complementare, nel senso che si affianca alla pratica, amplificando l’erotismo della relazione. Questo vale per gli adolescenti e anche per gli adulti.
Che questa pratica poi diventi esclusiva, nel senso che non conduca o si non affianchi al contatto fisico, è possibile, anche se non frequente, e questo va approfondito con la persona, in particolare se la cosa genera sofferenza psicologica e ha delle ripercussioni sul piano relazionale. In tutto questo discorso, comunque, di sfondo c’è la modalità di fruizione dello strumento, del cellulare: se ho un rapporto equilibrato con lo strumento e non soffro di particolari ansie sociali, farò anche meno sexting.

MM: Alcuni insegnanti mi hanno detto che a volte i ragazzi non accendevano la telecamere durante le lezioni. In alcuni casi per indolenza magari erano ancora in pigiama e non volevano farsi vedere, in altri magari non volevano far vedere la propria casa. Come dovrebbero comportarsi gli insegnati in questa situazione?
DBT: C’è un elemento fondamentale, che dovrebbe essere sempre preservato: la cornice. La cornice nell’arte è un elemento che funge da valorizzatore dell’opera e anche da protezione dell’opera: valorizzazione e protezione. Oggi le cornici, non solo nell’arte, vengono spesso sottovalutate o dimenticate.
La cornice della lezione si traduce in tempo specifico, spazio specifico, abbigliamento specifico, spesso anche rituale specifico. Lezioni a orari e giorni sempre diversi, con calendario non fisso, non aiutano a generare una costanza temporale, compromettendo anche lo spazio. Spazio che necessariamente non è quello comune della scuola, ma è quello domestico di ciascuno. Lo spazio domestico dovrebbe essere il più possibile predisposto per la lezione e all’interno di quello spazio privato e pubblico al contempo, ciascuno dovrebbe abbigliarsi nel modo consono. Non sono solo questioni di forma, come alcuni cercano di liquidarle: si tratta di “sostanza simbolica” che incide significativamente sul piano relazionale e della prestazione.
Questa è una prospettiva verso cui tutti, in ogni ambito, dovremmo tendere.
Poi però, dipende da caso a caso: sappiamo bene che molte ragazze e ragazzi, vivono situazioni personali e familiari di difficoltà, per cui sta nella sensibilità dell’insegnante gestire le criticità. Inoltre, è emersa molto bene in questo periodo, una cosa che abbiamo sempre saputo, ovvero che se i ragazzi non hanno alle spalle una famiglia che li aiuti e li sostenga, il loro rendimento scolastico è frequentemente inferiore: questo, ovviamente, non significa per le famiglie sostituirsi a loro, bensì metterli nelle condizioni di rendere al meglio.
Poi c’è l’abilità e l’autorevolezza dell’insegnate nel gestire la classe, oltreché nel saper rendere interessanti le proprie lezioni: lo strumento delle video lezioni ha messo in difficoltà non solo i ragazzi, ma anche gli insegnanti, che hanno dovuto reinventare a volte le loro lezioni e le loro modalità di spiegazione, con esiti non sempre soddisfacenti per l’insegnante stesso, figuriamoci per i ragazzi, che in contemporanea alle lezioni hanno cominciato a fare mille altre cose.

MM: Quale può essere il risvolto positivo per i ragazzi che hanno vissuto questa esperienza. Che strumento in più possono avere per affrontare la loro vita?
DBT: Ne vedo in particolare 3:

  • la possibilità di essere entrati in nuova relazione coi familiari.
  • l’abilità di gestirsi il vuoto, i momenti di noia e frustrazione generati dall’inattività;
  • la conseguente capacità di organizzarsi il tempo con maggiore autonomia.
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