La ragione che non convince

Colgo ancora spunto dalla politica, per parlare di psicologia, comunicazione e non solo. Lo faccio prendendo come riferimento uno spot elettorale appena pubblicato dal Partito Democratico.

Prima di andare oltre nella lettura vi invito a guardarlo (lo trovate qui sopra) e poi vi aspetto per parlarne. Buona visione

Visto? Bene, iniziamo dunque con un’analisi che origina da un quesito: a chi si rivolge il PD in questo spot?

Alla famiglia italiana medio reddito dedita al lavoro, questo è evidente:

  • madre con reddito inferiore ai 24.600 €, altrimenti gli 80€ non li piglierebbe;
  • automobile non lussuosa ma dignitosa;
  • abbigliamento ordinato e cura dell’aspetto (la madre nello spot addirittura si trucca);
  • padre con le maniche rimboccate.

Alla famiglia di cultura medio alta e attenta a valori progressisti:

  • tutti pronti (fuorché il padre) a snocciolare informazioni;
  • figlia presumibilmente laureata e certamente precaria (spesso i co.co.pro sono stati usati per incarichi a neo laureati);
  • figlio un po’ nerd, diciamolo, molto smart e molto tech, attento ai numeri più degli altri;
  • madre e padre storicamente attenti ai diritti civili (fin da quando erano fidanzati, forse negli anni ottanta a giudicare le età);
  • in famiglia c’è una zia omosessuale (è vero questa è una mia ipotesi, ma perché altrimenti sottolineare il fatto della commozione del padre? Io immagino, e non penso solo io, perché si voglia sottolineare la conquista sociale, e quindi la lotta e la sofferenza per ottenere quel risultato).

Ma chi, tra tutti, deve essere persuaso? Quale tipo di elettore? Il padre.
Nello stereotipo, lo si potrebbe vedere come il capofamiglia che guida, maschio, poco informato e in cerca di cose concrete, poco smart e ancora meno tech, che ha lasciato ormai andare le passioni che lo hanno scaldato da giovane. Ma chi sia  di preciso quest’individuo da convincere non si sa bene: si tratta di un abbozzo che a mio avviso denota poca chiarezza di idee.
In ogni caso è un ex: ex elettore, ex persuaso, ex militante forse. Non è certamente uno nuovo, anzi. Si cerca, quindi, di riconquistare i vecchi voti persi, non di allargare il bacino. Questa è un’implicita ammissione di crisi. Non bastavano, infatti, i sondaggi e le diaspore ad evidenziare il calo di consensi, doveva essere lo stesso PD a certificarlo da sé, rivolgendosi esplicitamente all’elettorato disilluso, molto disilluso (“Comunque stavolta il PD non lo voto“).
E per convincere un cuore disilluso che si fa? Certamente non si fa l’elenco ragionato di tutte le cose che abbiamo fatto da quando stiamo assieme!

Ma questo è l’errore tipico dei progressisti, già evidenziato da Lakoff, i quali seguono il riflesso illuministico per cui si ritiene che basti fornire informazioni razionali (fatti e cifre) affinché le persone possano scegliere il candidato migliore. Se, a fronte di ciò, la persona non fa la scelta giusta, allora è un povero qualcosa (aggiungete voi l’epiteto che gradite).

Quest’idea, però, contrasta con quanto in più occasioni è stato evidenziato in psicologia, ovvero che nella presa di decisioni la pesatura razionale di fatti e opinioni incida in misura assai minore rispetto all’impatto emozionale che le comunicazioni possono avere sull’individuo, spesso a livello subcosciente. Ogni processo decisionale, infatti, incorpora modalità di pensiero non lineare, spesso basato su procedimenti euristici di selezione delle informazioni che poco hanno a che vedere con la cosiddetta razionalità (a tal proposito sono stati illuminanti gli studi di Daniel Kahneman, psicologo premio Nobel per l’economia nel 2002). Risulta, piuttosto, assai più efficace evocare dei concetti, dei quadri di riferimento (cosiddetti frame) che abbiano un impatto sull’immaginario delle persone e sulla loro dimensione affettiva ed emozionale (consiglio qui la lettura di “Non pensare all’elefante” di George Lakoff, tra i più noti linguisti viventi e tra i fondatori della linguistica cognitiva), oppure suggerire delle direzioni d’azione senza prescrivere perentoriamente un comportamento (qui invece consiglio “Nudge. La spinta gentile” di Richard H. Thaler, basato su ricerche in psicologia ed economia comportamentale che sono valse all’autore il Nobel per l’economia 2017).

Comunque, a dimostrare ingenuamente e inconsapevolmente quanto affermato riguardo l’inefficacia di certe strategie, ci pensano gli stessi autori dello spot che alla fine fanno dire ad un padre stizzito: “Basta, comunque il PD non lo voto!”.

E allora che si fa? Qui la ciliegina sulla torta è un bell’appello alla coscienza del padre condito con una fallacia ad autoritatem* in cui Renzi in persona dice: “Pensaci, dai!”. L’effetto però è misero e fa credere che sotto sotto il pensiero sia: “Non ci spero molto, ma mi affido alla tua responsabilità. Vedi tu…”. Ma dopo il dolce vogliamo farci mancare il digestivo? No. Infatti, per mandar giù tutto, il video si chiude con una non molto velata supplica: “Non fermiamoci proprio adesso!”.

A tutti può capitare di essere in crisi, si tratti di un partito, di un’azienda o di una famiglia, ma è proprio in quei momenti che sarebbe bene evitare di tirarsi pure la zappa sui piedi, comunicando in modo sbagliato con le persone che ci stanno a cuore.

Daniele Baron Toaldo

*Fallacia dell’appello ad un’autorità: dire che una cosa è vera perché lo dice una voce considerata autorevole, senza fornire ulteriori argomenti a sostegno di quanto affermato. Quindi se lo stesso Renzi avalla quanto elencato invitando a pensarci, deve proprio essere una cosa seria.

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