Paure quotidiane e paure patologiche

Quante sono le paure? Paura degli spazi chiusi (come l’ascensore), paura di volare, paura degli insetti, paura della folla, paura dell’acqua, paura dei temporali, paura dell’altezza, paura della velocità, paura del buio, paura del sangue… Potremmo proseguire nell’elenco fino al termine dell’articolo ed oltre, ma il concetto è chiaro: l’area della paura è estremamente estesa e non è un caso che l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia definito la paura patologica come il disturbo più importante tra le patologie dell’uomo, poiché colpisce più del 20% delle persone.

Le fobie, quindi, sono assai comuni tanto quanto, si potrebbe dire, è esteso il pensiero umano. Non ci sono limiti alla paura, poiché la nostra mente è in grado di associare risposte fisiche ed emozionali automatiche a qualsiasi cosa (reale o astratta) che venga percepita, anche in modo apparentemente irrazionale, come pericolosa per la propria integrità o incolumità. Il più delle volte, l’esposizione allo stimolo fobico provoca una risposta ansiosa immediata, che può prendere forma in un attacco di panico situazionale, e ci si può trovare investiti dall’emozione negativa e bloccati nel corpo senza nemmeno comprendere l’origine delle nostre reazioni, che vengono giudicate, soprattutto da un occhio esterno, come spropositate e irrazionali. Tale paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, può essere provocata anche dall’attesa di un oggetto o di situazioni specifiche, portando la persona a vivere uno stato di ansia anticipatoria che interferisce con il normale funzionamento quotidiano, al lavoro, a scuola o in qualsiasi altra situazione di vita.

Le fobie, da un punto di vista clinico, appartengono alla grande famiglia dei disturbi d’ansia, che comprende, per citarne alcuni: il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo di panico, le fobie specifiche, le fobie sociali, l’agorafobia, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo post-traumatico da stress. Ciascuno di questi disturbi porta a reazioni fisiche  e comportamentali simili: respirazione accelerata o iperventilazione, aumento della frequenza cardiaca, sudorazione, tensione muscolare o articolazioni bloccate, occhi spalancati o evitamento del contatto visivo, irritabilità o distraibilità, logorrea o distacco e isolamento. Tutti sintomi che si accompagnano ad un’ampia gamma di emozioni negative che vanno da uno stato di disagio lieve fino alla paura marcata o terrore, con sensazioni di poter morire da un momento all’altro.

Si possono evidenziare, quindi, vari livelli di disturbo fobico, che, come detto, partono dalle comuni paure quotidiane fino a quadri clinici molto seri. In linea di massima, tra le persone che vivono le proprie paure come un disagio non tollerabile, si possono distinguere due grandi categorie:

  • nel primo gruppo troviamo le persone le cui fobie non interferiscono ancora in modo significativo con le normali attività quotidiane (lavorative, genitoriali, ecc.), riuscendo a svolgere completamente i loro compiti, anche se con maggiore difficoltà e ridotta produttività (ad esempio guidano l’auto se accompagnati o solo nelle strade conosciute). In questi casi, le paure immobilizzanti e gli attacchi d’ansia sono frequenti e spesso non preceduti da stimoli che possano lasciar presagire l’insorgenza della crisi fobica. In tale categoria rientrano la maggior parte dei fobici;
  • il secondo gruppo, invece, raccoglie le manifestazioni più severe, nelle quali le persone non sono più in grado di svolgere una parte o tutte le proprie mansioni quotidiane (ad esempio non guidano più l’auto). Esse sono bloccate da una paura generalizzata, che si è allargata progressivamente nel tempo come una macchia oleosa che ha intaccato numerose aree di funzionamento personale, portando all’abbandono di qualunque attività o responsabilità e intaccando le relazioni intime e familiari. Queste persone spesso vivono limitando la propria autonomia e i propri spazi di vita, in uno stato frequente di timore privo di oggetto che può essere definito “paura della paura”.

Nella gestione della propria fobia le persone mettono in atto una serie di comportamenti difensivi per fronteggiare la propria situazione, quali il controllo volontario delle proprie sensazioni di paura e delle reazioni psico-fisiologiche di ansia, l’evitamento delle situazioni temute e la richiesta di rassicurazione e aiuto. Comportamenti, questi, che invariabilmente diventano essi stessi parte integrante del problema perché rafforzano il senso di insicurezza rispetto alle proprie risorse e incrementano la percezione della minaccia. In un progressivo percorso di riduzione attiva dei personali spazi di azione e di vita, causato dall’evitamento di un numero crescente di situazioni fobiche simili tra loro, la persona può ritrovarsi imprigionata in un mondo ristretto, in uno stato di dipendenza quasi totale dalle persone vicine. Nonostante il quadro patologico possa essere a volte molto serio, è possibile comunque superare una fobia agendo terapeuticamente su tali comportamenti. Una persona che soffre di paura patologica, però, difficilmente può da sola superare il problema, poiché è necessario intervenire sul piano emozionale e subcosciente e non attraverso vie di spiegazione razionale. Anche i familiari, che spesso compensano le difficoltà di vita del fobico, ad esempio accompagnandolo in macchina, purtroppo, non fanno altro che mantenere il disturbo divenendo essi stessi co-sostenitori del problema. L’invito per tutti, vista la natura del problema, è di rivolgersi ad uno specialista e, per chi è vicino, di cercare di attenuare i gesti di aiuto costante, al fine di stimolare le risorse individuali e l’autonomia: “Insegna a pescare invece di regalare il pesce”.

Daniele Baron Toaldo
Sara Danesi

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